Da cosa derivano i titoli dei film di 007? Potremmo rispondere dai romanzi di Ian Fleming, ma sarebbe una risposta parziale. Altrimenti ci potremmo mettere qui a elencare ogni pellicola e i motivi per cui è stato chiamata proprio così. È quello che faremo, menzionando anche qualche chicca di produzione.

Dr. No (1962)

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Il primo film di 007 copia il titolo dal romanzo da cui è tratto, pubblicato nel 1958 per sesto tra quelli di Fleming. Si riferisce al carismatico antagonista della storia, che ha assunto per sé il titolo di dottore per i suoi studi sul nucleare e il cognome No per il rifiuto ricevuto dal padre, come spiegato nel libro. Fu scelto per inaugurare la saga grazie alla sua relativamente facile produttività: una sola location (Jamaica) e pochi effetti speciali catalizzati in un unico set. Fleming originariamente ne aveva immaginato lo svolgimento nel 1956 per l’episodio “Commander Jamaica” di una serie televisiva mai prodotta intitolata “James Gunn Secret Agent“, poi trasformandolo nel romanzo “The Wound Man“, infine “Dr. No”. Un poco lungimirante titolista italiano l’ha convertito in “Licenza di uccidere”.

From Russia with Love (1963)

maxresdefaultIl secondo film della serie avrebbe dovuto essere “Thunderball”, ma Broccoli & Saltzman cambiarono idea leggendo su un’intervista di Life che “Dalla Russia con amore”, pubblicato nel 1957, era uno dei romanzi preferiti dell’allora presidente USA John Fitzgerald Kennedy. Per ironia della sorte si tratta anche dell’ultimo film che vide prima del suo brutale assassinio, in una proiezione privata svoltasi alla Casa Bianca il 20 novembre 1963. “From Russia with Love” è il quinto romanzo di Ian Fleming, intitolato come una cartolina che arriva “Dalla Russia, con amore”. È il film più amato di Sean Connery tra i suoi, e in assoluto lo 007 preferito di Timothy Dalton e Daniel Craig. È anche uno dei titoli più utilizzati e parodiati per far riferimento a 007 (e non solo). 

Goldfinger (1964)

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Lo 007 preferito di Pierce Brosnan, Steven Spielberg, Federico Fellini e molti altri trae il titolo dal settimo romanzo di Ian Fleming, risalente al 1959, anch’esso dedicato al nome del villain. Tale appellativo risaliva, come di consueto per Fleming, a una persona reale: trattasi in questo caso dell’architetto ungherese Ernö Goldfinger, suggerito a Fleming dal suo compagno di golf. La scelta non era soltanto sonora ma anche concettuale: entrambi hanno origine ebraica e sono migrati negli anni ‘30 in Inghilterra, e soprattutto sono monomaniacalmente legati alla propria visione del mondo: oro per Auric, cemento armato per Ernö (che Fleming ammirava scarsamente: peraltro anni prima si era opposto alla demolizione di un isolato a Londra ordinata per far spazio ai progetti di Ernö Goldfinger). Nel 1959, uscito il romanzo, il designer fu sul punto di far causa a Fleming, imponendogli di cambiare il nome del cattivo e il titolo in Goldprick: la causa saltò, e Fleming gli spedì sei copie del libro. 

Thunderball (1965)

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In quello spazio ideale interposto tra letterario e cinematografico, “Thunderball” vanta certamente il percorso più ampio e burrascoso. Appena iniziato a pubblicare romanzi, Fleming desidera già degli adattamenti cinematografici per le avventure di James Bond. Per questo si rivolge a molti, e pochi gli danno retta. Assieme a un certo Kevin McClory, nel 1959 Ian Fleming ammonticchia un soggetto cinematografico intitolato “James Bond, Secret Agent”, a proposito di un traffico di mafia e nucleare. Segue un aggiustamento del drammaturgo Jack Wittingham, intitolato “Longitude 78 West”. Il progetto cinematografico non ingrana e viene tradotto in carta stampata: nel 1961 viene pubblicato “Thunderball”, ottavo romanzo su James Bond e primo della trilogia della Spectre. In gergo militare, la “palla-tuono” è il nome del fungo atomico che segue l’esplosione di un test di bomba nucleare. Degno di nota che fu proposta per la title-sequence una canzone di Shirley Bassey intitolata “Mr. Kiss Kiss Bang Bang”, che i produttori rifiutarono perché il titolo diverso sarebbe stato fuorviante.

You Only Live Twice (1967)

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Anche “Si vive solo due volte” è il titolo di un libro, l’ultimo della trilogia della Spectre nel 1964 e decimo totale. “You Only Live Twice” è un idilliaco messaggio di rinascita: si tratta di un haiku (cioè composizione poetica giapponese) che Bond si accinge a scrivere nel corso del romanzo, ispirato all’opera di Matsuo Basho, poeta giapponese simbolo del Seicento nipponico. Nel romanzo l’haiku compare al capitolo 11: “You only live twice: / Once when you are born / And once when you look death in the face”; sarà lievemente modificato da Nancy Sinatra nell’omonima canzone dei titoli di testa. 

On Her Majesty’s Secret Service (1969)

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Romanzo intermedio nella trilogia della Spectre, pubblicato nel 1963, primo redatto dall’avvio della saga cinematografica. Proprio in riferimento a Dr. No il personaggio di James Bond viene per la prima volta dichiarato scozzese come Sean Connery e Tracy Di Vincenzo modellata sull’aspetto di Ursula Andress. O.H.M.S. (On Her Majesty’s Service) è una formula fissa che etichetta tutte le missive ufficiali spedite dal governo ai cittadini inglesi e del Commonwealth, nonché il titolo di una commedia del 1937: è probabile che Ian Fleming abbia adoperato un gioco di parole inserendo Secret al marchio ufficiale.

Diamonds Are Forever (1971)

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Il pubblicista di Philadelphia Frances Gerety ha coniato nel 1947 l’espressione “un diamante è per sempre” legandola al marchio di gioielli De Beers, per pubblicizzare gli sconti della ripresa economica successiva alla Grande Depressione. Chiaramente questa frase ha influenzato Ian Fleming nella stesura del suo quarto romanzo nel 1956, “Diamonds Are Forever”, e di conseguenza il film che molto vagamente ne attinge qualche spunto di trama. In realtà lo svolgimento del film è uno dei più assurdi di tutta la saga, concepito a partire da un sogno di Cubby Broccoli; il titolo italiano trasforma “per sempre” in “una cascata”, perché evidentemente l’espressione “un diamante è per sempre” allora non avrebbe avuto granché senso.

Live and Let Die (1973)

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Come per i film di Sean Connery, anche quelli di Roger Moore rubano i titoli ai romanzi e ai racconti di Fleming, sebbene si dissocino sempre di più dal contenuto originario. “Vivi e lascia morire” è il secondo romanzo di Ian Fleming, pubblicato nel 1954. Il titolo si riferisce a un modo di dire inglese, “Vivi e lascia vivere”, che Fleming ha riconvertito in termini letali per la sua storia di narcotraffico. È diventata espressione nota, anche se concretamente poco frequente, grazie alla celebre canzone di Paul McCartney.

The Man with the Golden Gun (1975)

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L’omonimo romanzo di Fleming, pubblicato postumo nel 1965, non ha quasi niente a che fare con la seconda uscita di Roger Moore. Il titolo molto semplicemente richiama al cattivo Scaramanga come The Man With The Golden Arm rinviava a Frank Sinatra nel film omonimo. È uno dei titoli più affascinanti e “alla James Bond”: anche parlando di uomo con qualcosa d’oro si fa spesso riferimento agli ambiti di 007.

The Spy Who Loved Me (1977)

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Uno dei film più belli della saga ha il titolo del nono romanzo di Ian Fleming, estremamente distante nella trama (per esplicita richiesta dell’autore), pubblicato nel 1962 e incastonato nel mezzo della trilogia della Spectre. Vivienne Michel è una donna dalla vita travagliata, custode di un motel nello stato di New York. Lei in prima persona racconta dei propri amori e di una brutta faccenda dalla quale è stata tratta in salvo da James Bond, che per sempre ricorderà come “la spia che mi amò”. È il primo per cui la canzone iniziale ha un titolo diverso da quello del film, la maliziosa “Nobody Does It Better” (che però cita “The Spy Who Loved Me” in un verso).

Moonraker (1979)

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Moonraker” è il terzo romanzo di Ian Fleming, dato alla stampa nel 1955 e la cui trama è stata vagamente recuperata solo nel film “La morte può attendere” del 2002, mentre quella del film del ‘79 è campata collando diversi cliché bondiani al fantascientifico sprigionato dal film “Guerre Stellari” del 1977. Letteralmente Moonraker si traduce in “rastrellatore della luna” in quanto viaggia nello spazio, ma chiaramente non è il significato letterale che conta. Siccome nello Wiltshire una volta dei bifolchi si misero letteralmente a rastrellare la luna negli stagni, Moonraker è una parola che significa anche puntare allo smisurato, e Hugo Drax ne è un orgoglioso emblema. 

For Your Eyes Only (1981)

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For Your Eyes Only” è il titolo della prima raccolta di racconti di Ian Fleming dedicata a James Bond e stampata nel 1960. Al suo interno contiene i seguenti titoli: “Paesaggio e morte” (“From a view to a Kill”), “Solo per i tuoi occhi” (“For your eyes only”), “Un quantum di sicurezza” (“Quantum of solace”), “Rischio” (“Risico”), “La rarità Hildebrand” (“The Hildebrand Rarity”). La trama del film riprende vagamente il racconto omonimo e la trama di “Risico”. “Solo per i tuoi occhi” è una frase che timbrata su una busta da lettere ne testimonia, senza ufficialità, la riservatezza del contenuto, e l’espressione è diventata famosa proprio grazie al suo impiego da parte di Ian Fleming. La sua genesi pare quella di firma speciale dell’astronomo e spia inglese John Dee per le missive alla regina Elisabetta. Il codice 007 rappresentava graficamente gli occhi e l’esclusiva di lettura destinata alla sovrana d’Inghilterra nel cinque-seicento.

Never Say Never Again (1983)

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La storia raccontata nel film riprende quel soggetto conteso dal 1959 tra Ian Fleming e Kevin McClory, con quest’ultimo che si mette in testa di realizzare un prodotto concorrente alla EON poiché legittimato da un retta padronanza di diritti. Per garantirsi il successo, coinvolge Sean Connery nel ruolo di James Bond, interpretato da lui per l’ultima volta in “Una cascata di diamanti” del 1971 (se avesse disdetto Connery c’era già un mezzo contratto con Lazenby). Nonostante fu presentato come “James Bond and the Secret Service” e in produzione chiamato “Warhead”, per il titolo cinematografico si scelse un riferimento ironico e celebre a una battuta di Sean Connery, che nel 1971 aveva detto addio al personaggio di 007: “Never again” (“Mai più”). È il primo film su 007 (non ufficiale) ad avere un titolo non flemingiano. Mai dire mai. 

Octopussy (1983)

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Octopussy and The Living Daylights” è la seconda raccolta di racconti di Ian Fleming, pubblicata postuma nel 1966. Contiene i tre racconti: “Octopussy”, “Di proprietà di una signora” (“The Property of a Lady”) e “Il lume dell’intelletto” (“The Living Daylights”). La trama del film mescola e ricalca due dei tre. Nel film Octopussy è la Bond Girl principale a cui gira intorno la storia, nello scritto è il nomignolo dato a un polipo da un conoscente di Bond insediato in Giamaica. Nella realtà, Octopussy era una barchetta da pesca regalata a Fleming dalla sua amante Blanche Blackwell. Letteralmente, il significato della parola è gergo sessuale e si riferisce a una perversa pratica usata anticamente dalle popolazioni vichinghe, anche se è improbabile che Fleming abbia attinto da quel riferimento. “Octopussy” è il secondo lungometraggio a possedere un titolo diverso dalla sua canzone, “All Time High”, senza stavolta contenere neanche “Octopussy” nel testo; l’ultimo film ad annunciare il titolo del prossimo nei titoli di coda (sbagliato, fra l’altro).

A View To A Kill (1985)

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Nei titoli di coda di “Octopussy” viene annunciato che “James Bond tornerà in “From A View To A Kill”, riprendendo il titolo (ma non la trama) di un racconto della raccolta del ‘60 “For Your Eyes Only”, in italiano “Paesaggio e morte”. Pochi mesi prima dell’inizio delle riprese fu rimossa la parola iniziale e si mantenne soltanto “A View To A Kill”, traducibile approssimativamente in italiano come “Una vista per un’uccisione”: a un resa incomprensibile si è preferito “Bersaglio mobile”. Nel film c’è un dialogo tra i due antagonisti che suona circa così: 

[May Day:] “What a view… 

[Max Zorin] “…To a kill”. 

Lo scambio di battute è inserito a forza pur di dar senso a questo titolo che senso non ne ha, poiché risale a un’antica canzone di caccia inglese intitolata “D’ye ken John Peel?” (cioè “Conosci John Peel?”). Un verso della cantata recita così: “From a find to a check, from a check to a view, / From a view to a kill in the morning” (“Dal trovare al controllare, dal controllare allo studiare, / Dallo studiare all’ammazzare di mattino”). Fu un disastro assegnare i titoli stranieri…

EDIT: il titolo del film è quindi riferito a un racconto di Ian Fleming, anche se non lo trascrive fedelmente. Quel racconto in origine avrebbe dovuto intitolarsi The Rough with the Smooth” (letteralmente, “Il ruvido con il liscio“).

The Living Daylights (1987)

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Il lume dell’intelletto” (“The Living Daylights”) è un racconto del 1962 pubblicato nella raccolta “Octopussy and The Living Daylights”, ed è per un bel pezzo l’ultima pellicola a pretendere un titolo flemingiano, nonostante la storia agitata e mescolata da più di una trama letteraria. In inglese arcaico “daylights” (“luci del giorno”) sono gli occhi, e “The Living Daylights” è un’espressione idiomatica significante una reazione di gran terrore: perfetto per il debutto dell’oscuro Timothy Dalton. Anche qui difficoltà per le versioni internazionali, in italiano “Zona pericolo”. 

Licence To Kill (1989)

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Nonostante ci fossero ancora dei titoli inutilizzati, per il secondo film di Dalton, che rubacchia un po’ dal racconto “La rarità Hildebrand” e un po’ dal romanzo “Vivi e lascia morire”, viene scelto un titolo totalmente nuovo, ma cui ci si riferisce spesso nei romanzi: la famosa “Licenza di uccidere”. Il titolo di produzione era “License Revoked”, più coerente, siccome si tratta dell’unico film in tutta la saga in cui lui la licenza in effetti non la possiede. Un sondaggio negli USA rivelò che, guarda caso, “Licenza revocata” ricordava la sospensione della patente, chiamata in America appunto “License” (con la s). Fu naturale opzionare il suo opposto, convertito strategicamente in altre varianti nei paesi che avevano bruciato questo titolo per il debutto di 007 nel 1962. 

GoldenEye (1995)

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GoldenEye (“occhio d’oro”) è una delle parole più bondiane che esistano, con una storia particolare come primo titolo originale in senso stretto della saga. Il goldeneye è innanzitutto il nome comune di una papera selvatica del Nord America; il piano Goldeneye è anche il nome di una strategia militare elaborata dal comandante Ian Fleming della Marina Britannica nel 1943, per reagire ad un’eventuale alleanza militare fra le potenze dell’Asse e la Spagna di Francisco Franco. L’operazione non ebbe luogo, ma Fleming trattenne il titolo e lo assegnò alla sua proprietà in Giamaica, quella dove trascorreva gli inverni e redigeva i romanzi su James Bond. A questo proposito, nel 1989 un film dedicato a Ian Fleming portava questo titolo, e vantava nel cast: Charles Dance (Claus, scagnozzo di Aris Kristatos in “Solo per i tuoi occhi”) e Christoph Waltz (Franz Oberhauser in “Spectre”). Dal 1995 GoldenEye è anche il nome di un satellite e di conseguenza del titolo del film di cui è protagonista.

Tomorrow Never Dies (1997)

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Il domani non muore mai” è un ottimo titolo, anche se nosense, uscito per errore. Si tratta infatti della correzione di una battitura uscita male da un fax, in cui il titolo indicato era “Tomorrow Never Lies”, “Il domani non mente mai”, ragionevole conseguenza del fatto che Tomorrow nel film sia il giornale di Elliot Carver. L’idea originaria risale a un blocco di Bruce Fernstein, sceneggiatore insieme a Purvis & Wade, che sentì la psichedelica canzone dei BeatlesTomorrow Never Knows” mentre scriveva: ecco il titolo. 

The World is Not Enough (1999)

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Il mondo non basta” compare già nel romanzo “Al servizio segreto di sua maestà” del 1963, presentato come il motto della famiglia Bond. La frase latina “Orbis Non Sufficit”, nel film inserita un po’ forzatamente,  ha precedenti storici di spessore: epitaffio di Alessandro Magno, motto di Filippo II d’Asburgo, e dunque della famiglia Bond che l’aveva copiato per beffa agli Asburgo. In uno script precoce, la storia sarebbe ruotata attorno a un figlio di James Bond: ecco perché la denominazione dinastica; la trama del film proviene grossomodo da un’idea di Barbara Broccoli che in volo aveva visto un documentario sul rapimento di una giovane miliardaria. In realtà, il titolo di produzione del film era “Elektra”, come il nome della villain / Bond Girl, e furono presi in considerazione anche i seguenti: “Pressure Point”, “Death Waits for No Man”, “Fire and Ice”, “Dangerously Yours” (che chissà perché era già il titolo canadese di “Bersaglio Mobile”).

Die Another Day (2002)

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Lo strano titolo, noto per la canzone di Madonna e citato anche tangenzialmente nel film (“So you lived to die another day, colonel”), risale, per dichiarazione di Broccoli & Wilson, a una poesia degli anni ‘30 di A.E. Housman, intitolata “The Day Of Battle”. Nel componimento ci si domanda qual è il senso dell’uomo, che scappa dalla guerra per morire in un’altra occasione: nella pellicola è quello che ha fatto Tan-Sun Moon trasformandosi in Gustav Graves, ma anche James Bond nel suo 40esimo compleanno cinematografico. Durante la produzione veniva chiamato anche “Double Cross” (“Doppio incrocio”, “Doppio attraversamento”). Nel marzo 2008 è stata venduta all’asta una lettera scritta da Ian Fleming al suo segretario nel 1960, nella quale l’autore interrogava la propria mente letteraria su che fine avesse fatto Blofeld al termine degli eventi di Thunderball: probabilmente sopravvissuto per morire un altro giorno. “La morte può attendere” è una traduzione poco coerente, ma una delle poche possibilità esistenti per un’espressione tanto strettamente anglofona. 

Casino Royale (2006)

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Il terzo film a chiamarsi così, il primo ufficiale: “Casino Royale” è il primo romanzo di Ian Fleming, che dal 1953 ci ha messo 53 anni a diventare un episodio della saga, grazie ai diritti finalmente sbloccati. Che vuol dire “Casino Royale”? Semplicemente si tratta del nome del fittizio casinò nell’immaginaria città di Royale-les-Eaux (Francia Settentrionale) nel quale James Bond si trova a confronto con il banchiere Le Chiffre, nel romanzo di Ian Fleming. Nel film del 2006 la trama è adattata piuttosto fedelmente, anche se non del tutto per i luoghi in cui si svolgono le faccende. Anzi, nessuno dei tre adattamenti ha rispettato le indicazioni geografiche del libro, trasferendo il casinò in America, a Londra e in Montenegro, sottraendo perciò a “Royale” l’indice di collocazione. Nell’ottica di ripresentazione del personaggio, la canzone è “You Know My Name”, in cui “Casino Royale” non compare neanche nel testo. 

Quantum of Solace (2008)

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Quantum of Solace” è un altro ritorno a Fleming, trattandosi di un titolo nella raccolta “Solo per i tuoi occhi” del 1960, con il quale non ha quasi nulla a che fare, se non per qualche suggestione tematica. Fu annunciato nel gennaio 2008 e deciso pochissimo prima, e da allora chiunque si è interrogato per comprenderne il tortuoso significato. Paul Haggis, sceneggiatore della pellicola, ha apertamente ammesso di non saperlo spiegare, avendolo tratto dalla storia di Fleming in cui un marito tradito racconta a James Bond di aver perso quella quantità minima (“Quantum”, “quanto”: una grandezza fisica) di confidenza reciproca (“Solace”, “conforto”) instaurabile tra gli esseri umani. Daniel Craig reputa si tratti di un problema di relazioni umane sfilacciate, condizione di James e Camille nel film. Il nome Quantum è anche stato scelto per rappresentare un’agenzia criminale in cui il villain Dominic Greene riveste un ruolo rilevante, una sorta di moderna SPECTRE. Nella canzone “Another Day Way To Die” non compare il titolo del film, che proprio perché criptico non poteva essere inserito.

Happy and Glorious (2012)

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Bonus: il cortometraggio per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra 2012, diretto da Danny Boyle e con protagonisti Daniel Craig (James Bond) e la regina Elisabetta II (se stessa) si intitola come un verso dell’inno britannico “God Save The Queen”, “Send Her Happy and Glorious” (“Dio salvi la regina”, “la mandi felice e in gloria”). Titolo di produzione: “The Arrival”, “L’arrivo” (della regina alla cerimonia). 

Skyfall (2012)

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Skyfall” non significa niente di preciso, se non la caduta del cielo, tipico segno di superstizione per la fine del mondo. Forse richiama il paracadutaggio di Bond insieme alla regina nel detto “Happy and Glorious”, che fece da spot per i 50 anni di 007, oppure la frase legale latina “fiat justita ruat caelum”, “sia fatta giustizia anche dovesse cadere il cielo”, sintomo degli scandali politici che avviano il film oppure della resa dei conti fra Silva ed M. Skyfall, chiaramente, è anche il nome assegnato alla tenuta della famiglia Bond in Scozia, dove James ha vissuto una desolante infanzia e sede dell’atto finale della trama. Gli sceneggiatori Purvis & Wade volevano fin da principio che il titolo del film fosse il nome della casa, ma dopo le poco convincenti ipotesi di “Green Mantel” e “Mandalay” una nevicata autunnale offrì l’intuizione vincente. Nel linguaggio parlato di alcune aree anglofone, a seguito del film, è nato il verbo (to) skyfall, che significa opporre resistenza con un ultimo sforzo in condizioni di svantaggio (fonte: Urban Dictionary). Fra i titoli provvisori, appartenenti a script preliminari: “Once Upon A Spy” (“C’era una volta una spia”), nel quale M sarebbe stata protagonista, e “Nothing is Forever” (“Niente è per sempre”), riferito alla morte di M. 

Spectre (2015)

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Spectre evoca chiaramente lo spettro che risorge dai morti, ma anche l’agenzia criminale che aveva dato filo da torcere allo 007 di Sean Connery. Con questa accezione, SPECTRE significa “SPecial Executive for Counter-intelligence, Terrorism, Revenge and Extortion” (Speciale Esecutivo per Contro-spionaggio, Terrorismo, Ritorsione ed Estorsione), come presentato sin da Dr. No nel primo film, o più anticamente dal romanzo “Thunderball”, primo appunto della trilogia della Spectre. Per questo motivo al cinema sarebbe stato ovvio aspettarsi sin da principio la presenza di Blofeld, nonostante la credibilità di un Franz Oberhauser villain. La canzone di Sam Smith “Writing’s on the Wall” non ha niente a che fare con “Spectre”, che era invece una canzone dei Radiohead scartata.  Lo script preliminare di John Logan “The Death Collector” (“Il collezionista di morte”) invece rubava il titolo a un capitolo di “You Only Live Twice”, riferendosi appunto a Blofeld. 

No Time To Die (2020)

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Con l’informale titolo di produzione di “Shatterhand”, che è il nome assunto da Ernst Stavro Blofeld trasferitosi in Giappone all’inizio del romanzo “Si vive solo due volte”, Bond 25 è rimasto a lungo orfano di un titolo definito. Si è detto nel tempo “Eclipse”, “Property of a Lady” e “Genoma of a Woman”, ma dopo quattro mesi dall’annuncio del film è stato comunicato anche il titolo “No Time To Die”. È una filastrocca dal significato irrisolvibile: quattro monosillabi, compare per la quarta volta la parola Die, No misteriosamente evocativa del primo cattivo in posizione iniziale, e un implicito riferimento a diversi precedenti. Il romanzo del 2008 “Devil May Care” su 007 era stato tradotto in alcune lingue con l’analogo di “Non c’è tempo per morire”; in “Al servizio segreto di sua maestà” c’è una frase che definisce il matrimonio “Una ragione per morire”, eventualmente vago richiamo alle nozze di Bond. “No Time To Die” è anche un film di guerra del 1958, prodotto da Cubby Broccoli e diretto da Terence Young. Dopo la visione del film, si recepisce che il tempo è una componente fondamentale del James Bond di Daniel Craig, per il quale, tristemente, è giunta l’ora di morire.


Appendice

Titoli inutilizzati

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Il terzo film di Timothy Dalton era stato vociato di intitolarsi “Property of a Lady” (“Proprietà di una signora”) come il racconto raccolto insieme a “Octopussy and the Living Daylights” nel 1966: in realtà sarebbe stato più probabile il vergine “A Whisper From Hell” (“Un sospiro dall’inferno”), ma comunque il film non esiste e quindi i titoli sono entrambi vacanti. 

Il videogioco “Everything or Nothing” recupera il nome di EON Production per esteso, e anch’esso per un certo periodo è risultato papabile adattamento cinematografico. 

Non ci sono più romanzi adattabili, eccetto che lo si voglia fare fedelmente, e sono stati prosciugati i titoli dei racconti, tranne qualcuno che avanza: “Risico”, “La rarità Hildebrand”, “Proprietà di una signora”, “007 a New York”; non vanno sottovalutati neanche i titoli dei capitoli all’interno dei romanzi o i titoli di produzione scartati da Pierce Brosnan in poi. Torneranno? Mai dire mai. 

– Edoardo & Enrico Borghesio –

Fonti

Telegraph

Den of Geek

Per le immagini: IMDb, Thunderball, Youtube