Abbiamo già dedicato un articolo ai film del 2023 per fan di James Bond, ma non ci basta. In linea con lo spirito vagamente cinefilo e talvolta estemporaneo di Protocollo Bond, vogliamo prenderci ancora questo spazio per analizzare complessivamente ciò che abbiamo visto al cinema nel 2023. Ma attenzione, perché la nostra analisi non rimane fine a se stessa.

Dovendo aspettare ancora (chissà quanto) per conoscere novità riguardo a Bond 26, questo articolo si propone di individuare sottotesti, tematiche e argomenti preponderanti nei film del 2023 e che dunque possono suggerirci anche cosa farà 007 in futuro. Vediamo dove ci porta questo viaggio.

Crisi di fede

Un interessante articolo pubblicato lo scorso agosto su Escapist Magazine appuntava la crisi di fede presente in molti blockbuster americani del 2023: un elemento cui normalmente si sarebbe posta poca attenzione, se solo non fosse stato onnipresente. Le sfumature sono molteplici, ma costante è il terrore dei dei personaggi di qualsiasi universo che un dio non esista e dunque di cosa possa sorgere per colmare quel vuoto.

Il primo esempio lo fornisce il villain di Guardiani della Galassia Vol. 3, considerato una divinità in alcune parti dell’universo, che dichiara esplicitamente “Non c’è Dio, ecco perché sono intervenuto!”. Anche Indiana Jones, che si è sempre avvalso di espedienti religiosi, nei primi 20 minuti di Il quadrante del destino va a caccia della lancia di Longino per poi scoprire che si tratta di un falso: Dio non c’è e se c’è è fasullo. 

Sia i protagonisti di Mission: Impossible – Dead Reckoning (Parte Uno) che di Fast X si trovano a combattere antagonisti che hanno dell’anti-divino: un’AI che si serve di un emissario di nome Gabriel nel primo e un folle di nome Dante che vuole far saltare in aria il Vaticano nel secondo. Entrambi gli eroi rappresentano una squadra la cui incrollabile fede è la loro moneta di riscatto.

La crisi di fede tocca persino le due facce della moneta Barbenheimer: Oppenheimer “diventa morte, distruttore di mondi” con il Trinity Test, sprigionando una potenza divina per la quale non esiste una punizione se non quella politica, terrena. Barbie esce dall’Eden che è Barbieland (il serpente è il patriarcato) per tentare di scoprire “per cosa è stata creata” (come recita la canzone di Billie Eilish): quando alla fine del suo viaggio Barbie incontrerà la sua creatrice, questa le dirà che l’ha creata per essere libera.

Questi e molti altri film testimoniano l’agnosticismo dell’odierno cinema americano, dove una divinità non esiste o se esiste sembra non interessarsi al male terreno. Se volessimo trovare una causa, potrebbe essere tutto ricondotto al grande trauma collettivo del Covid-19: secondo un altro articolo sempre di Escapist Magazine, anche Assassinio a Venezia sarebbe da leggere come uno studio post-traumatico della pandemia, oltre che titolo fortemente anti-superstizioso. 

Quali che siano le cause, noi riteniamo che molte altre tematiche fondamentali del cinema del 2023 discendano da questa crisi di fede.

Il Multiverso

Non è questo lo spazio per indagare il macro fenomeno del Multiverso che sta spopolando nel cinema commerciale di questi anni, ma un breve ripasso può aiutare a cogliere qualche sfumatura fondamentale. Benché il concetto abbia implicazioni provenienti da diversi media, è la Marvel che l’ha portato con successo al cinema (e in tv) con alcuni film di grande successo, da Avengers: Endgame a Spider-Man: No Way Home. Ci ha pensato la meteora Everything Everywhere All at Once a nobilitarlo vincendo 7 premi Oscar tra cui Miglior film nell’edizione 2023.

Ancora una volta di Dio non c’è traccia, ma i personaggi sono ugualmente sovrastati da un determinismo assolutamente ineludibile e crudele, cioè le loro azioni all’interno del Multiverso sono passaggi obbligati, dai quali qualsiasi deviazione può provocare catastrofiche conseguenze. Così lo Spider-Man di Across the Spider-Verse scopre di possedere degli eventi traumatici canonici che non può correggere, Flash provoca cortocircuiti rovinosi cambiando piccoli dettagli nel tessuto multiversale, e Indiana Jones non può permettersi di restare nel passato.

Intelligenza Artificiale 

Altra grande protagonista del 2023, non solo al cinema, è stata l’Intelligenza Artificiale, che ha insidiato i cammini di tantissimi eroi soprattutto di spionaggio: è il caso della già citata Entità di Mission: Impossible 7, ma anche di altri film più dimenticabili come Operation Fortune: Ruse de Guerre e Heart of Stone. Per non parlare di The Creator, che riprende l’archetipo del viaggio per portare in salvo un bambino, solo che la bambina in questo caso è l’arma AI più potente mai creata.

Se già quest’ultimo titolo stabilisce un parallelo piuttosto palese con la tematica della ricerca di una divinità assente, un’ulteriore conseguenza della crisi di fede sul piano dell’AI si trova su un livello più astratto, ed è quello che intende l’AI come un input esterno, non-umano, alle faccende umane. È quello che fa l’Entità di Mission: Impossible 7, ma è anche la rivisitazione del mito di Frankenstein che sta alla base di Povere creature, in uscita a gennaio 2024 in Italia ma già al cinema nel 2023 nel resto del mondo.

Morte dei Supereroi e Trionfo delle Spie

Nel 2023 si è fatto strada tra la critica specializzata il concetto di “stanchezza da supereroi”, che indicherebbe il disinteresse collettivo nei confronti dei cinecomic. È una tematica più ampia di quel che si possa pensare e questo non è il luogo per analizzarla, però è oggettivo che Avengers: Endgame abbia “ucciso” i personaggi più interessanti del panorama supereroistico, rappresentando di fatto il punto di non ritorno di questo genere. 

Riuscirà James Gunn con la sua nuova DC a salvare i cinecomic oppure aveva ragione Steven Spielberg quando disse che nell’arco di pochi anni la febbre da supereroi si sarebbe esaurita analogamente a quanto successo lo scorso secolo con i cowboy? Risulta difficile a questo punto non accostare la crisi religiosa che pervade i produttori di blockbuster con questa stanchezza dei supereroi del pubblico.

L’altra faccia della medaglia della Morte dei Supereroi è il Trionfo delle Spie, anche se forse “trionfo” è un termine troppo lusinghiero per definire i deludenti prodotti che popolano il genere spy in questi anni. Grandi budget da parte delle piattaforme per scritturare star di richiamo non compensano quasi mai il largo dispiego di scadenti effetti speciali, né la scrittura sempre piatta e col pilota automatico. Tra il 2022 e il 2023 sono usciti 355, The Grey Man, Operation Fortune: Ruse de Guerre, Assassin Club, Ghosted, Citadel e Heart of Stone, e un’incalcolabile moltitudine di serie, ma sono una peggio dell’altro.

Si salva da questo marasma Mission: Impossible 7, anche se non è al livello dei capitoli precedenti del franchise. Proprio Tom Cruise con Top Gun: Maverick ha fatto da ponte con un’altra tendenza dello spy recente, e cioè di travalicare i confini di genere sconfinando anche in più generici film action: John Wick 4 e Fast X ne sono prova con le loro sottotrame. Se da un lato c’è interesse per le spie, i prodotti non sono sempre all’altezza.

Citazionismo e Nostalgia

Il citazionismo cinefilo è stato reso popolare da registi che ne hanno fatto un marchio di fabbrica, Quentin Tarantino in primis. Oggi però il fenomeno è talmente sdoganato da risultare mainstream: è impossibile guardare un film, anche estremamente commerciale, e non notare una montagna di riferimenti a opere precedenti, cult e cultura pop in generale. 

Per Barbie la regista Greta Gerwig ha reso pubblica la sua watchlist per cogliere tutte le ispirazioni del suo film, che vanno da musical classici come Il mago di Oz e Cantando sotto la pioggia a capolavori indiscussi come Il Padrino e 2001 Odissea nello spazio, dalle commedie di Howard Hawks e Jacques Tati alla fantascienza di Matrix e Incontri ravvicinati del terzo tipo. Anche un film senza pretese d’essai come John Wick 4 mette in campo stranianti omaggi altisonanti a Buster Keaton, Lawrence d’Arabia e I guerrieri della notte.

Situazione analoga per i franchise, che ormai ripropongono spesso e volentieri formule usate e riciclate all’infinito: Indiana Jones 5 ha la medesima struttura del terzo capitolo (solo più confusa) e un film come Scream VI continua a giocare sul metacinematografico propinando sempre la stessa salsa. Anche Mission: Impossible 7, tra una citazione a 2001 Odissea nello spazio e l’altra a Blade Runner, tenta di creare il film spy definitivo attingendo a piene mani dai capitoli precedenti e da James Bond.

Talvolta il citazionismo sfocia in una vera e propria crisi nostalgica, quest’anno in particolare rivolta all’anno 1989. Nell’arco di poco più di un mese tra maggio e giugno 2023 abbiamo visto approdare al cinema il remake live action della Sirenetta Disney, The Flash che riesumava il Batman di Michael Keaton come co-protagonista, e Indiana Jones ultraottantenne. A conti fatti, tutti e tre potevano restare dove si trovavano.

Female Gaze

Nell’anno in cui Barbie ha incassato più di qualsiasi altro film nel mondo (fonte qui), che piaccia o meno, sarebbe ingenuo non interrogarsi sul successo di questo fenomeno. Il dato va a paio con il film di maggiore incasso in Italia, ossia C’è ancora domani di Paola Cortellesi (fonte qui). 

Finora le compagnie di produzione hanno sempre tenuto poco in conto il pubblico femminile e/o femminista, che quest’anno ha invece dimostrato di avere un certo potere di mercato: film come Barbie e C’è ancora domani hanno avuto successo in ragione del loro raccontare vicende femminili attraverso lo sguardo femminile anziché maschile come l’industria, salvo rare eccezioni, ha sempre fatto.

Questo modello non è tuttavia colto nel totale delle sue potenzialità: si vedano prodotti dalla premessa femminista come The Marvels e Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del serpente che perdono più di un’occasione per indagare il ruolo della donna nella società.

Estetica Videogame, Avatar e Simulazione

Avviandoci verso la conclusione, saltiamo dal piano dei contenuti a quello della forma, focalizzandoci su una tendenza visiva del cinema action recente, No Time To Die compreso, ossia l’estetica del videogame. Dopo il prologo immersivo in piano-sequenza di Spectre, il regista Sam Mendes ha realizzato un intero film, 1917, come fosse una singola inquadratura. Grazie a questo espediente, lo spettatore è completamente avvolto dalla vicenda, cambiando continuamente punto di vista, ora entrando nel campo visivo del protagonista e ora uscendovi, in un gioco nel quale l’attore diventa quasi l’avatar di un videogame, più che il personaggio di un film.

Questa estetica torna da 007 nella scena in piano-sequenza delle scale nel bunker di Safin di No Time To Die, ma è la stessa logica della lunga ripresa dall’alto di John Wick 4, che in effetti cita proprio il videogioco Hotline Miami. Anche Mission: Impossible 7 cita apertamente un videogioco, ossia Uncharted 2, nella scena finale in cui Tom Cruise e Hayley Atwell risalgono da un treno in caduta saltando di vagone in vagone. 

La stessa estetica si ripropone con il concetto di avatar che ricorre ovviamente nella saga di Avatar ma anche in Mission: Impossible, sia in generale nel franchise se ripensiamo a tutti gli utilizzi che si fanno delle maschere di gomma per assumere altre identità (come in Dead Reckoning quando il personaggio di Atwell prende le sembianze di Vanessa Kirby), sia nello specifico settimo capitolo della serie nella scena in aeroporto in cui sia Ethan sia il villain cambiano “skin” nelle telecamere di sorveglianza.

Il concetto va ancora oltre appaiandosi al tema della simulazione di un altro mondo, già caro all’universo di Matrix e ripreso sostanzialmente alla stessa maniera da Barbie quando scopre di vivere in un mondo fasullo e ideale. Persino Super Mario nel suo film attraversa la barriera tra il mondo reale e quello fantastico in cui si svolgono le sue avventure entrando in una sorta di videogame/simulazione a occhi aperti.

Proprio Super Mario Bros. Il film è perfetto per comprendere come, oltre al discorso estetico, ci sia un duplice prestito da parte del mondo dei videogame e del gioco di ruolo in generale con il cinema: se per anni sono sempre stati i giochi a basarsi sui film, recentemente sono cinema e tv a prendere in prestito le narrazioni videoludiche, dai film di Super Mario Bros. e Dungeons and Dragons alla serie tv su The Last of Us.

Lo 007 del futuro 

Non è detto che tutte le tendenze del cinema contemporaneo che abbiamo evidenziato ricadano sul James Bond del futuro, anche se senza dubbio sono segnali di un mondo in divenire in cui anche 007 deve trovare il suo posto. Se è facile prevedere che si asterrà dal discorso sul Multiverso, è altrettanto scontato prevedere che la qualità debba essere superiore a quella dei numerosi film spy che vengono continuamente proposti su piattaforma.

È praticamente impossibile che James Bond snobbi temi come l’Intelligenza Artificiale e il citazionismo pop (che peraltro già fa parte del suo DNA sin dai primi film), ma che ne sarà delle altre tematiche? 007 dovrà sicuramente trovare un equilibrio al passo con i tempi per quanto riguarda la rappresentazione femminile e dovrà probabilmente fare comunque i conti con la generalizzata crisi di fede nella divinità e più genericamente nelle istituzioni. Il prossimo Bond sarà il primo concepito post-Brexit, post-Covid e al servizio segreto di Sua Maestà Re Carlo: come reagirà a questa realtà?

Edoardo & Enrico Borghesio

Immagini: Google

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